Buongiorno,
Mi sono trasferito in Svizzera da pochi anni. Prima di arrivare qui ho lavorato anche: in Italia, in Germania e qualche anno in Inghilterra. Tra l’altro non sono sicuro di restare definitivamente in Svizzera per la pensione. Per raggiungere il pensionamento dovrò lavorare ancora 16 anni, speriamo! Ho il timore infatti, che in questi anni le leggi possano ancora cambiare e come dovrò comportarmi avendo lavorato in più Paesi? Prossimamente ci saranno le elezioni europee e le tematiche del lavoro e delle pensioni danno molte preoccupazioni rispetto al passato. Non ne parliamo per i nostri figli… Non vorrei ritrovarmi a fare sacrifici anche durante la pensione. Posso avere un vostro parere in proposito?
Grazie e cordiali saluti.
Davide N.
Gentile signor Davide,
Uno degli obiettivi dell’Unione Europea riguarda anche il Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Tutti i cittadini europei possono viaggiare e trasferirsi in uno stato europeo senza problema, esattamente come ha fatto anche lei prima di trasferirsi in Svizzera. La coordinazione tra paesi assicura che il cittadino nella sua condizione di: lavoratore, pensionato o disoccupato non venga lasciato senza protezione sociale e nello stesso tempo, sono determinate le competenze di ogni Stato durante il suo soggiorno o residenza.
I regimi di sicurezza sociale restano tuttavia, soggetti all’esclusiva responsabilità dei singoli stati membri e l’UE fornisce le linee guida per il coordinamento e l’interazione tra i sistemi nazionali.
Senza dubbio le sue preoccupazioni sono comuni e tutti notano che a seguito: della pandemia da Covid-19, la guerra attuale tra la Russia e l’Ucraina a cui si aggiungono le tensioni tra Palestina ed Israele; si verifica un aumento dei costi in tutto il mondo. Ogni anno l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) fornisce un rapporto dettagliato intitolato “Pensions at a Glance” che analizza le differenze tra i vari Stati in Europa considerando i requisiti: dell’aspettativa di vita, i minimi pensionistici, l’effettiva uscita dal mondo del mercato del lavoro ed i costi della vita attuale.
Secondo l’ultimo Rapporto OCSE del 2023 è evidenziato l’aumento incisivo dell’inflazione dall’anno 2021 e la fascia di età più onerosa risulta quella degli anziani sempre in maggiore crescita in rapporto all’allungamento della vita. Posticipare l’uscita dal mondo del lavoro è un progetto in continua discussione nel prossimo futuro, per migliorare la sostenibilità del sistema pensionistico.
Ma come si pone l’Italia all’interno dello studio OCSE?
L’Italia garantisce ancora un ampio accesso al pensionamento anticipato ed il rapporto OCSE “Pensions at a Glance”, segnala che in base all’aspettativa di vita e le politiche previdenziali italiane, coloro che accedono al mercato del lavoro da oggi, dovranno attendere di arrivare a 71 anni di età per raggiungere la meta della pensione. Nell’anno 2023 le sole pensioni erogate in regime internazionale, sono circa 680mila, di cui il 36% pagate all’estero, per un importo di poco meno di 562 milioni di euro. Questo è quanto pubblicato nel sito ufficiale dell’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale in Italia). L’Istituto previdenziale inoltre, evidenza un calo dei pagamenti in America settentrionale, in America meridionale e in Oceania mete storicamente preferite dagli emigranti italiani nel secolo scorso e che oggi ospitano i pensionati più anziani in un numero che tende a ridursi.
Secondo lo studio OCSE la media pensionistica all’interno dell’Unione Europea sarà pari a 66,7 anni. Si discute di 70 anni di età nei Paesi Bassi e la Svezia. Come prima indicato 71 anni in Italia seguita dall’Estonia e in Danimarca addirittura arriverà a 74 anni. In alcuni paesi (Irlanda, Spagna, Lussemburgo), l’OCSE non prevede ulteriori variazioni.
In Svizzera la proposta dei Giovani liberali di alzare l’età di pensionamento a 66 anni e in seguito proporzionala all’aspettativa di vita, è stata respinta nelle scorse elezioni elvetiche che in compenso, hanno nettamente aderito alla quota della 13esima mensilità sulla pensione e l’aumento progressivo dell’accesso al pensionamento per le donne che sarà equiparato a quello degli uomini (65 anni). Tuttavia i risultati attuali, non escludono che in futuro si ritorni sull’argomento chiedendo ai cittadini svizzeri di lavorare qualche anno in più uniformandosi agli standard degli altri Stati europei alfine di garantire le spese future del sistema previdenziale elvetico.
In questo scenario comunque, intravediamo qualcosa di positivo optando per forme di previdenza complementari già previste in alcuni paesi come la Svizzera. Questo consentirà un sostegno maggiore per mantenere uno stile di vita adeguato anche in età di pensionamento e se possibile, consentire anche di anticipare la data della pensione.
Signor Davide come da lei indicato, è ancora presto per parlare di pensione ma può verificare la sua previdenza professionale, eventualmente stabilirne una nuova indipendente dal datore di lavoro, essendo residente in Svizzera e fare una verifica dei contributi versati nei vari paesi dove ha svolto attività lavorativa.
Se ha più di un anno di lavoro svolto in ogni Stato, può aver diritto alla pensione in ciascuno di essi e dovrà andare in pensione secondo i requisiti richiesti in ogni singolo Stato.
Inoltre, quando è stabilito un accordo bilaterale tra Stati i seguenti contributi possono essere sommati, la cosiddetta “totalizzazione in convenzione internazionale” ai fini del raggiungimento del requisito per quanto riguarderà l’importo dell’assegno di pensione invece, questo sarà determinato sulla base della contribuzione effettiva maturata nel singolo Paese.
Cordiali saluti,
Valeria Angrisani
Responsabile INAS Lausanne e regione
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